La ruota continua a girare; inesorabile avanza e porta via con sé persone vicine e lontane.
In questo giro è salita Nada, dopo giorni di sofferenze e due anni di assenze. Come sempre in queste situazioni, vedere e sapere che i propri cari soffrono richiede di essere lucidi, auspicando nella propria testa la fine dei patimenti, mentre il cuore vorrebbe non staccarsi mai da coloro che hanno avuto una parte importante nella nostra vita.
Come posso ricordare al meglio quello che Nada è stata nella mia vita e in quella di mia madre? Che alla notizia ha solo potuto dire “la mia Nada non c’è più”. La sua Nada, quella che è stata per lei come una sorella, anche più di quella vera. Nella mia infanzia il tempo in montagna era quello passato a chiamarsi dalle finestre dirimpette, a vederla lavorare a qualche maglione, tenda, tovaglia, andare a trovare anziani e malati, sempre indaffarata e mai un minuto ferma. Mia madre stravedeva per lei.
Ha lavorato tanto, Nada, accompagnando i figli anche nell’avventura dell’albergo e dando il suo tocco a tutto quello che erano i complementi di arredo, dai cuscini ai tovaglioli, dalle tende ai copriletto. Trovando anche il tempo di cucinare e accompagnare le nipoti a qualche torneo, gara, o semplicemente a fare un giretto. Sempre accanto ad Oriano, compagno di una vita, di sciate, di vacanze (quando se le concedevano). Pronta a far baldoria quando necessario, affrontando la vita con un sorriso e spesso con una risata. Un tornado, che passava, ti sconquassava un pochino, per poi lasciarti alle tue incombenze un pochino frastornata e quasi stanca per l’energia che ti aveva investito durante la sua permanenza.
Nada era quella che al cimitero portava i fiori a tutti, non dimenticandosi nessuno nel giro di “visite”. Trovando il tempo per farsi le sue nuotate in piscina, per tenersi in forma. E la volta che ha perso gli occhialini, graduati, si è anche un po’ disperata, ma solo per la scocciatura di doverli rifare.
Era anche quella che raccontava le barzellette, facendo a gara con Tonino, nelle serate passate insieme.
Nada rideva con gli occhi: e spesso rideva così di cuore che le venivano le lacrime.
Ho in mente un momento particolare, di tanti anni fa quando è morta mia nonna. Con mamma all’ospedale, è stata lei a dare a me e a Carlo la notizia. Carlo, 7 anni, in quel momento ha chiesto solo “Allora adesso andiamo al funerale?”. Uno di quei momenti in cui non sai se ridere o piangere, e lei ha riso e pianto allo stesso tempo, addolorata dalla scomparsa di Cesira e meravigliata dall’ingenuità di un bambino che non percepiva ancora il senso del distacco e del definitivo.
Nada è quella che ha tenuto suo padre in casa fino alla fine, riservando per lui una parte della struttura, nonostante il fatto che con lei non fosse stato tenero nella sua adolescenza e giovinezza. Nonno Enzo metteva un po’ di soggezione a tutti. Ma lei e anche Oriano, che in fondo era solo il genero, non hanno avuto dubbi dopo la morte di Angelica, che di Nada era la mamma ma anche la matrice di molta parte del carattere e della generosità che Nada ha poi avuto nella sua vita.
E’ stata talmente parte della nostra vita che forse in alcuni momenti l’abbiamo data per scontata. Solo negli ultimi anni, qualche volta, confessava di essere stanca. Si sentiva la responsabilità di essere quella che molto spesso veniva chiamata per una cosa o per l’altra, come spiaggia di salvezza nelle varie situazioni. Poi scrollava le spalle e ripartiva.
Ad un certo punto le cose che diceva erano stranamente le stesse, come un disco che ritorna sulla propria traccia per poi proseguire con il percorso previsto. Ma i segnali erano troppo flebili per essere colti, specialmente nella quotidianità: è il classico senno del poi. E quando la malattia si è manifestata in tutta la sua concretezza, ha subito preso il suo posto in maniera preponderante, non lasciando molto spazio all’individualità ormai sopraffatta.
In qualche momento, penso che Nada le abbia lasciato spazio accogliendola come una liberazione dai pensieri quotidiani. Basta preoccupazioni, basta dover fare: uno stacco da tutto quello che la circondava.
Non è così, ovviamente, le patologie senili arrivano e distruggono quello che incontrano, riducendo le persone l’ombra di se stesse, senza legami con quello che sono state, senza che possano fare nulla per contrastarle.
Rimaniamo noi, a ricordarle come erano, a sentire ancora nella testa il suono delle risate, dei discorsi, a percepire quello che ci hanno dato e sopratutto come ce lo hanno dato.