Un whatsapp di Cristina l’altra sera: “Cristian ha deciso di morire oggi”.
Lì per lì non avevo capito, pensavo ad un qualcosa ancora da decidere, sul quale si potesse discutere.
E invece no, la decisione era già stata meditata, presa e realizzata.
Cosa spinge una persona a togliersi la vita? Probabilmente non lo sapremo mai. Per quello che potevo conoscere Cristian è stata la destabilizzazione dovuta al fatto che non trovava senso nella vita. Persona sensibile, quasi angosciata dai milioni di problemi del mondo (l’inquinamento, le lobby dei grandi poteri industriali, il non-sense dei piccoli gesti quotidiani di ciascuno di noi in contrapposizione a questo), attenta ai consumi, alla ricerca di una sostenibilità che può essere solo individuale e che sparisce nelle masse.
Lui a questo non si rassegnava, vedeva chiaramente il baratro che ci circonda e che ciascuno di noi fa finta di ignorare per poter continuare a vivere, ad avere speranza, per guardare al domani senza sprofondare nella depressione più profonda. Lo vedeva così chiaramente che alla fine ogni gesto ha perso di significato, ogni sforzo è sembrato inutile. Gli affetti che lo circondavano non erano più sufficienti a riempire il vuoto che lo stava inghiottendo, il buco nero che l’ha trascinato via con sé.
Ti voglio ricordare con le babbucce rosse che prediligevi, gli occhiali di legno, i pantaloni fioriti che sono stati buttati solo qualche settimana fa perché impossibili da riparare. Il tuo foulard celeste è servito a coprire i segni della corda e a darti l’aria di un dandy un po’ distaccato. Il colore della morte non ti dona, ma non ha più importanza.
Spero che i tuoi figli, quei figli per i quali stravedevi e che costituivano il tuo orgoglio, sappiano ricordare di te la sensibilità e isolare le miserie umane che caratterizzano ognuno di noi.
Ciao Cristian.