Tic tac toc. Sento il rumore di qualcosa che scandisce il tempo, un attimo di smarrimento, senso di angoscia. Tic tac toc. Sei piccolino, secondo giorno di vita, una lingua che si sporge in fuori in maniera strana. Lì ho capito. Ma non lo sapevo ancora.
Tic tac toc. Un cambio, c’è un foglio bianco, una “S.” che sembra un serpente, una doppia W., ma la mente non si apre, non riconosco i segni.
Tic tac toc. La scena si sfuma, il senso è di fatica, corse, fretta, immagini sfuocate. Una stanza, tante persone in camice bianco, io e te su un tappeto. Giochi, signora, faccia cose normali. Gioco? mi sento un animale allo zoo, faccio spallucce, cosa ci sto a fare qui?
Ancora tutto cambia, si corre qua e là. Ora ci sono dei binari, un piccolo spiraglio di luce, ma siamo nel tunnel, le pareti sono scure, la meta… un puntolino.
Ma sopratutto: che cosa è “meta”?
Tic tac toc. Gli anni scorrono alla velocità della luce, cambiano persone, scenari, contesti. La costante: tu. La scuola, i compagni, i professori. Io che parlo, che spiego, che mi sforzo di far capire il senso profondo di te.
Tu che esisti e che sei bello e perfetto così come sei, anche se il mondo, la società, gli altri continuano a vedere il pezzettino che manca scordandosi tutto il resto che è lì, concreto, presente, tangibile. Tu che sei in grado di fare ironia pesante su quello che ti circonda, che fai fatica a tenere il ritmo (tic toc tac) perchè il tempo degli altri non è il tuo tempo, il tuo scorre dilatato come un fiume al delta, lento e maestoso. A volte hai movimenti impacciati, il tuo fisico fatica a seguire quello che la mente chiede, quella mente che è già fuori tempo rispetto ad una normalità che è stabilita da altri.
Sei un ragazzo adesso, con volontà, personalità, caparbietà tue e solo tue. Faticoso, pesante in certi momenti: le nostre richieste sono pressanti, tu non vuoi piegarti ad assecondare regole che in un’altra società non sarebbero neanche proposte, ma non possiamo lasciarti andare dove il tuo “io” più profondo ti porterebbe, rischieresti l’emarginazione sociale ancora di più.
Lavarsi, vestirsi, quelle benedette o maledette “autonomie” da raggiungere.
Mi agito, mi rigiro, sono inquieta: l’obiettivo è omologarti o farti essere felice?
Tic tac toc, il tempo scorre inesorabile, presto arriverà il momento in cui non sarò più in grado di arginare quella tua diversità per farti essere più uguale, dovrò abbandonare qualsiasi velleità di poterti essere sempre accanto e parare al posto tuo le botte più pesanti che la vita potrebbe darti.
E’ una vita sdoppiata, divisa, gli occhi diventano strabici perchè si soffermano sull’oggi ma devono inseguire anche le strade che portano all’infinito futuro, cercando di prevedere le curve e le strettoie, tracciando una mappa che è in realtà incognita ad ogni angolo che gira.
E allo stesso tempo vivo e viviamo un’altra vita parallela, quella che ci porta ad essere semi di speranza, lievito vivo e fecondo. A te è stato affidato un compito importante da un’amica inconsapevole il giorno del tuo Battesimo. Ricorderò sempre le sue parole, che mi si sono fissate in testa in tempi non sospetti e sopratutto di “non sospetto”.
“Ti auguro di essere un operatore di pace”. Cara Marisa. Hai svolto in pieno la tua funzione di oracolo, hai lasciato parole che hanno sviluppato radici e preso vigore nel corso degli anni.
Noi siamo gli strumenti scelti per questa tua missione. Abbiamo trovato la strada del nostro servizio.
Tic toc tac…. Panta rei.